La Scuola Radio Elettra nasce per iniziativa di Vittorio Veglia (laureato in chimica) e Tomasz Carver Paszkowski (ingegnere polacco stabilitosi in Italia nel 1947). La leggenda narra che i due abbiano avuto l’idea di mettere in piedi una scuola di formazione professionale per corrispondenza dopo aver facilmente riparato una radio. Pare abbiano pensato: se potevano farlo loro avrebbero potuto farlo anche molti altri. La carta vincente di Veglia e Paszkowski fu quella di essere stati tra i primi ad aver individuato una domanda di formazione professionale a cui la scuola pubblica non dava risposta.
Dal 1951, anno della sua fondazione a Torino, fino alla prima metà degli anni ’90 tale scuola ha formato a distanza oltre un milione e mezzo di tecnici in Italia e all’estero. E’ certo però che si è trattato di un fenomeno significativo che ha accompagnato la ricostruzione postbellica col conseguente ingresso dell’Italia nel club delle nazioni più industrializzate.
All’epoca gli Istituti di Avviamento Professionale erano prevalentemente a indirizzo meccanico, mentre il titolo di perito elettronico richiedeva cinque anni di studio. Tenendo conto che nei primi anni ’50 meno della metà degli italiani aveva frequentato le scuole elementari (la cui licenza era obbligatoria per iscriversi all’Avviamento) va da sé che migliaia di persone piene di buona volontà e di voglia di fare si trovassero escluse da un mercato del lavoro che con la massiccia diffusione della radio e della televisione richiedeva tecnici specializzati nel comparto dell’elettronica di consumo. La Scuola Radio Elettra colmò questo vuoto offrendo corsi (che andavano da una trentina a una cinquantina di lezioni ciascuno), a costi contenuti, senza limiti di età, senza che l’allievo dovesse spostarsi dalla propria residenza, senza scadenze prefissate (era l’allievo che decideva quando inviare a Torino i compiti e le schede di esame da correggere) e rilasciando un attestato finale.
All’iscritto giungevano via posta il materiale cartaceo consistente in dispense molto ben realizzate dal punto di vista didattico e il kit di componenti per eseguire a domicilio sia montaggi sperimentali sia la realizzazione finale dell’apparecchio sul quale ci si intendeva specializzare. A scadenze regolari (in genere ogni cinque o dieci lezioni) l’allievo doveva sostenere un test scritto che inviava per posta alla Scuola, la quale lo rinviava al mittente con le correzioni e il punteggio. Inizialmente i dispositivi da realizzare erano Radio e Radio FM, ma rapidamente si passò alla Tv, alla costruzione di strumenti elettronici di misurazione.
A metà degli anni ’50 la Scuola Radio Elettra disponeva di una propria litografia per la stampa delle dispense, di un impianto meccanografico IBM a schede perforate per la gestione delle spedizioni e di un ufficio postale interno. Negli anni d’oro della sua esistenza la Scuola Radio Elettra arrivò a contare 150 dipendenti (di cui 25 tra ingegneri, periti elettronici e tecnici) e un centinaio di collaboratori esterni. “Diventa qualcuno e stupiscili tutti“, “Ecco la tua grande occasione per dimostrare quanto vali“, “Impara a casa tua una professione vincente” sono alcuni dei numerosi messaggi promozionali con cui la Scuola Radio Elettra promuoveva i propri corsi e da cui, al di là dell’insistenza sulla volontà individuale, emerge un sistema di valori fondato sulla funzione civilizzatrice del lavoro. Il risultato complessivo di questo modello d’offerta formativa a distanza furono decine di migliaia di iscritti, l’esponenziale moltiplicazione dei corsi (Transistor, Elettrotecnica, Hi-Fi Stereo, Regolo Calcolatore, Elettrauto, Fotografia ecc.).
Nel 1956 venne pubblicato il primo numero di Radiorama, rivista della società, che riprendeva anche articoli della corrispondente rivista americana Popular Mechanics. Radiorama cessò le pubblicazioni nel dicembre 1981.
La Scuola Radio Elettra trovò così spazio nell’immaginario collettivo degli italiani. Dagli anni ’50 fino a tutti gli anni ’70 e oltre dire Scuola Radio Elettra significava evocare la volontà di riscatto dalla povertà e riconoscere al lavoro la sua centralità nei processi di formazione dell’identità. Veglia e i suoi soci assecondarono tali tensioni e anzi l’alimentarono più che poterono: “Ero un manovale. Ora sono un tecnico specializzato” recitava una delle tante inserzioni pubblicitarie della Scuola. All’epoca i tecnici erano per lo più dipendenti dell’industria. Ma non era infrequente il caso di allievi della Scuola Radio Elettra che dopo aver superato il corso aprivano piccole attività in proprio (ad esempio negozi per la riparazione di radio, Tv e impianti stereo).
Ancora oggi in alcuni resta viva la memoria di una scuola che non aveva eguali, che alimentava la cultura tecnologica e lo spirito di intraprendenza in chi aspirava alla promozione sociale.
Tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 inizia il declino della Scuola Radio Elettra. Nel 1982 Tomasz Carver Paszkowski lascia l’azienda per motivi di salute e successivamente la Scuola passa in mano ai figli dei due fondatori. Ma le iscrizioni ai corsi calano anno dopo anno. Nel 1995 la Scuola fallisce e nel corso del 1996 è acquistata dal CEPU (Centro Europeo per la Preparazione Universitaria).
Presso la nostra collezione è possibile ammirare un’intero corso di elettronica della Scuola Radio Elettra degli anni ’60.